20Giugno

Progetto “potenziamento dei servizi sanitari offerti dal progetto medico East Pokot, Kenya”: terminata la prima missione di assistenza tecnica

Si è da poco conclusa la prima missione operativa di Acquifera APS in Kenya, all’interno del progetto “Potenziamento dei servizi sanitari offerti dal Progetto Medico East Pokot”, finanziato dalla Regione Toscana e supportato dal Centro regionale di Salute Globale, in partenariato con Asl Toscana Centro e Somirenec NGO.

La missione, che ha come obiettivo il potenziamento del Barpello Dispensary, la clinica di salute dell’EPMP (East Pokot Medical Project), e l’approvvigionamento idrico sicuro per la struttura, si è svolta dal 13 al 23 maggio ed è stata molto ricca di attività e incontri.

Figura 1. Localizzazione di Barpello, East Pokot, Kenya

Durante la missione, il team composto da Niccolò Giordano, capoprogetto, la Dott.ssa Sonia Baccetti e la Dott.ssa Ostetrica Cinzia Frongia, si è incontrato con il personale sanitario e con i gruppi di donne in gravidanza e puerperio, con il fine di rilevare i punti di forza e di debolezza del Dispensary di Barpello – con particolare riguardo all’organizzazione della sala parto e alle attrezzature utilizzate – e di definire insieme alle donne beneficiarie gli argomenti formativi che verranno trattati durante la prossima missione, a partire dalle loro problematiche e da un’approfondita analisi del contesto e dei registri presenti nella clinica.

Il Dispensary, su cui gravava pesantemente l’assenza di un approvvigionamento sicuro di acqua, è ora fornito di una nuova cisterna dell’acqua e di un impianto di distribuzione che risponde alle esigenze idriche definite dal personale sanitario. Tuttavia l’acqua, proveniente dall’acquifero sottostante e estratta mediante pozzo profondo, è risultata essere contaminata da fluoruri, per cui sarà necessario installare un sistema di defluorizzazione. Il pozzo e il sistema di approvvigionamento e distribuzione idrica vengono gestiti direttamente dal Dispensary. Inoltre è stato effettuato un nuovo sopralluogo presso la sorgente perenne di Barpello, in disuso da anni, insieme a un idraulico e a due muratori della zona, in modo da discutere in situ su come realizzare la captazione idrica che servirà le 30 famiglie che vivono nei pressi.

Mitigata l’emergenza idrica, durante la missione ci si è potuti concentrare sull’aspetto sanitario del Dispensary e sulle problematiche relative alla salute delle donne in gravidanza e puerperio di Barpello, da cui è emerso che:

  • Il personale del Dispensary (1 coordinatrice, 1 dottoressa, 2 infermieri, 1 tecnico di laboratorio e 1 community health worker) necessita di una formazione tecnica specifica riguardo a Igiene, Alimentazione e Organizzazione delle sale
  • E’ stata visitata la nuova ala di maternità, ancora in costruzione.
  • le donne del villaggio vivono in condizioni di isolamento e di vulnerabilità, a causa del contesto culturale (i pokot sono allevatori nomadi che praticano la poligamia e le mutilazioni genitali femminili), ambientale (assenza di acqua e cibo sicuro) e sociale (non esistono luoghi di aggregazione e le donne devono occuparsi della gestione domestica compresa la costruzione delle capanne). Addirittura sono stati registrati più casi di alcolismo tra le donne che tra gli uomini.
  • L’alimentazione è un tema critico per la popolazione di Barpello, specialmente per le donne in gravidanza e per i neonati. Normalmente mangiano 2 volte al giorno (alle 7 e alle 19) assumendo porridge al mattino (uji) e polenta di mais bianco (ugali) la sera. Le proteine vegetali assunte sono rare perché i fagioli costano troppo, le uova sono oggetto di baratto con altre cose, non hanno patate, assumono miele quando è stagione di raccolta e latte di capra saltuariamente. Il regime alimentare migliora lievemente durante la stagione delle piogge quando viene effettuata la raccolta di frutta selvatica (disponibile all’incirca per due mesi all’anno) e radici.
  • Sono poche, ancora, le donne in gravidanza che accedono al Dispensary. Dagli incontri con alcune di esse (circa 15, con un’età compresa tra i 14 e i 32 anni) e con lo staff del Dispensary si è constatato che le ragioni sono dovute a una concomitanza di fattori:
  • Il tessuto sociale nel quale vivono le donne sembra essere caratterizzato da una discreta mancanza di sostegno da parte del nucleo familiare. Nonostante imperi la poligamia con un numero di spose proporzionale alla ricchezza maschile, molte donne vivono da sole in una capanna, da loro stesse costruita, eventualmente con i figli che dormono in una capanna antistante, con la necessità di procurarsi tutto ciò che serve per vivere (acqua, alimenti, bisogni di salute) completamente da sole. Ciò fa sì che, al momento del parto, non si possano allontanare dall’abitazione lasciando i figli da soli per 1 o 2 giorni e che quindi preferiscano partorire in “casa” assistite dalle TBAs (Traditional Birth Attendants) a fronte del pagamento di un compenso pari a una capra, senza le minime condizioni igienico-sanitarie.
  • L’ospedale non fornisce alimenti alle donne prima, dopo e nei giorni successivi al parto ma solo alle persone denutrite per le quali è necessario un supplemento alimentare. Anche questo diventa motivo di rifiuto dell’ospedalizzazione. La fornitura dei pasti, secondo quanto riportato dalle donne incontrate, risulterebbe essere un grande incentivo ad effettuare un parto assistito da personale qualificato.
  • Insufficienza di spazio e personale per il parto nell’ipotesi che si possano sovrapporre più nascite in un solo giorno. Il Dispensary dispone di 3 letti da parto disposti in 2 stanze.
  • La quasi totalità delle donne è infibulata (riferita escissione del clitoride, delle piccole labbra e cucitura delle grandi labbra). Alcune donne sostengono che il parto in ospedale è più doloroso, nonostante la dottoressa abbia riferito che abitualmente effettuano l’episiotomia e l’episiorrafia successiva (questa non pare essere effettuata dalle TBAs).

I prossimi passi consisteranno nella programmazione delle modalità e contenuti dei corsi di formazione sulla Salute materno-infantile con i gruppi di donne della comunità, il personale sanitario della clinica e i volontari della comunità (Community Health Volunteers), che verranno realizzati durante la prossima missione, nell’autunno 2022.

Infine verranno seguite, se pur a distanza, le fasi conclusive di realizzazione della nuova ala di maternità e si provvederà all’analisi dei dati raccolti e digitalizzati dai registri cartacei presenti nel Dispensary, in particolare l’Antenatal care register 405 predisposto dal Ministero della Salute del Kenya che prevede la rilevazione dei dati anagrafici e sanitari della gestante.

 

Kenya, Regione Toscana